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Taormina, stage of kitchen

Turi Siligato, a man “gilted with a knife”articolo  

Greek Theater of Taormina

Salvatore (Turi) Siligato is one of those rare persons who make clear what they think. A man “gilted with a knife” as I like to say, an impressive man with the strength of a Sicilian guy proud of his origins and of what he does. In a part of Taormina (famous tourist resort on  the Eastern Sicilian coast) away from fwhere busloads of tourists arrive to buy souvenirs or visit the Greek theatre, far from the chaos of gelato and tambourine shops, you will find this self-taught chef who is  constatly striving to put the flavor of his native land on the table while researching just the perfect ingredients.

While I’m writing about this wonderful chef, I can’t hold a smile thinking about the time spent in Turi’s reastrurant. As soon as I met him and exchanged a brief chat, he suddenly disappeared to come back wearing an undershit, just to stay cool while we were sitting outside his restaurant in the summer “frame” of the summer in Taormina. While I was talking to him, I can assure you, I’ve seen for an instant, the ocean in his eyes.

As you step inside the “osteria” Nero D’avola, you can see some of the fantastic fresh products that represent the style of this chef in love with the place where he lives.

If you happen to pass by this restaurant when it’s about to open, and you are a bit lucky, you can see some farmers from nearby Etna volcano, or some others, like fishermen and wine makers, stepping insiede to bring some fresh strawberries or some local wild groupes.

After a long chat enjoying the wonderful evening, I climbed the stairs to arrive in the astonishing terrace, ready to enjoy the art of this chef. So, starting with the tuna tartare , and raw shrimp , avocado and Sicilian oranges, fried violet potatoes and courgette flowers and then octopus tartare and paprika and a lemon roulade, tomato and bottarga ( ancient way to preserve the fish eggs in a dry and salty solution) , I let him fascinate me with this fantastic meal. After all these delicacies, the fresh fish arrived. Comb fish and sardines, commonly associated to a peasant kitchen, are rediscovered in unexpected ways.

While I was waiting for some others dishes, I had the honor to look inside the small but efficent kitchen, having the chance to see these simple but genuine raw materials become the uniques dishes I just tasted. In front of me, fishes and fruits releasing thousands of different flavors were passing by and the whirlwind of colors was indescribable.

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At the end of this perfect experience, I admit that the only thing I was missing, was some really soft and relaxing music to match the wonderful light of the setting sun. I could not end thinking about this and suddenly someone started playing Chopin somewhere. I went down the stairs and I was fascinated to see that the same person who just a few minutes eartlier was creating new and unique dishes, was now playing the piano, while laughing with some friends. An artist is always an artist and this Sicilian guy certanly is one! The evening was ending and while Turi was playing the piano, the sun was slowly going to sleep among the waves of one of the most beautiful scenarios that this land has to offer.

 

Sua Maestà la Cassata

Sua Maestà la Cassata

E il suo scettro il Cannolo…

Cassata siciliana
Cassata siciliana
16 GIU 2014
di

Una vigorosa forchettata si impone decisa sulla glassa per arrivare al corpo di morbida crema di ricotta in perfetta simbiosi con il Pan di Spagna. I pezzetti di cioccolata amara esplodono in bocca in contrasto con la dolcezza della frutta candita.

Non parliamo di un piatto qualsiasi della cucina italiana, ma del dolce che più dolce non si può, Sua Maestà la Cassata, portabandiera e libro di storia non da leggere ma da gustare per apprendere il gusto antico della Sicilia, la più grande isola italiana, crocevia di popoli passati e porto del mediterraneo. Dai fenici ai greci, dai romani agli arabi e ai normanni, passando ancora per mille altri popoli, tutti hanno saputo aggiungere qualcosa nella gastronomia come nell’architettura.

Il nome stesso della cassata ci riporta indietro nel tempo . Secondo alcuni il nome, e quindi la sua creazione, deriva dal latino “caseus”, formaggio, secondo altri dall’arabo “qas’at”, scodella. Si pensa che i greci avessero sviluppato una versione della cassata paragonabile all’odierno cheesecake poi arricchita dagli arabi che, nei secoli tra il IX e l’XI , avevano introdotto in Sicilia nuovi sapori attraverso la canna da zucchero, le mandorle e gli agrumi, divenuti baluardo e simbolo dell’isola nell’immaginario. Emerge subito il turbinio di sapori che un simile calderone di prodotti può generare.

Superato il primo strato di quella densa e morbida glassa, scopriamo come altri popoli hanno contribuito a rendere questo dolce un vero esempio di perfezione. Il Pan di Spagna, creato intorno al XVIII secolo per onorare la corte spagnola ad opera di un cuoco genovese che si trovava in quel Paese presso l’ambasciatore italiano Domenico Pallavicino, avvolge e sostiene la crema di ricotta. La ricotta di latte di pecora, già prodotta anticamente sull’isola e conosciuta anche dai greci, ci fa pensare a un latte capace di dare sapori molto diversi al comune latte di vacca a cui siamo abituati. La ricotta generata da questo unico tipo di latte, viene miscelata allo zucchero, per dare vita a una crema dolce e unica, impreziosita poi da gocce di cioccolato.

Ma se adesso conosciamo la struttura principale di questa prelibatezza, non possiamo non completarne il quadro gustativo aggiungendo due dettagli. Primo di essi è la pasta, prodotta per la prima volta nel convento della Martorana a Palermo. Una pasta dura composta da zucchero e farina di mandorla che, sostituendo la pasta frolla che imponeva una preparazione a caldo, trasformava la cassata nel dolce dalla preparazione a freddo che conosciamo adesso.

I canditi poi sono la degna decorazione di quel luminoso e candidamente bianco disco di glassa che caratterizza la cassata. La frutta, disidratata e immersa in uno sciroppo di zucchero, diventa elemento di luminoso colore che impreziosisce come pietre preziose la superficie del dolce, dando spettacolo di un’architettura gastronomica simile a quella barocca dell’isola. Se la frutta nel processo di canditura perde molte delle sue qualità nutritive, esalta i suoi colori che diventano unici, in particolare ponendosi in forte contrasto con il bianco della superficie.

Questa autentica opera d’arte, originariamente legata alla festività di Pasqua, viene ora assaporata durante tutto l’anno e sempre più si sta diffondendo nel mondo, grazie alla sempre più attestata qualità del made in Italy e a internet che ne permette la commercializzazione in tutti i continenti. Parlando della cassata non si può non accennare alla cassatella di Sant’Agata, chiamata anche “minna di Virgini”, seno della Vergine, per la sua forma a mezza sfera decorata con una ciliegina sulla sommità, che si presenta come una versione in miniatura della cassata. Legata alla religiosità e agli antichi culti di Iside e Demetra, entrambi documentati a Catania, secondo alcuni fu creata per celebrare il martirio della patrona di Catania, Sant’Agata, a cui venne strappato il seno. Se abbiamo parlato del trono di dolcezza di questa antica regina della pasticceria siciliana, non possiamo tralasciare il suo scettro, il Cannolo.

Qui una pasta dura viene fritta per immersione, preferibilmente in quell’olio di oliva caposaldo della produzione di qualità dell’isola, diventando croccante e profumato. Solo dopo essersi raffreddato viene farcito, preferibilmente appena prima di essere consumato, con la crema di ricotta e decorato da ciliegie candite o da pistacchio di Bronte tritato a seconda che ci si trovi più vicini alla costa occidentale che a quella orientale dell’isola. Questo autentico dolce “da passeggio” , va assaporato passeggiando per le strade dell’isola, magari con uno sguardo verso l’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa, e uno al mare unico e sconfinato, caratterizzato sulla costa orientale dalla pietra lavica il cui nero profondo si staglia contro l’azzurro del cielo e del mare.

Questo dolce rappresenta quindi l’abbraccio di due elementi, la scorza e la crema di ricotta, che si compensano ed esaltano vicendevolmente come l’abbraccio di due amanti e come quello della terra e il mare. Che sia un dolce croccante, o che sia una morbida sfera traboccante di dolce crema, che sia impreziosita da mille particolari o che sia semplice e casalingo, questi dolci sono un must da provare almeno una volta nella vita per sentire il calore e la dolcezza di una terra unica al mondo.

Granita, che passione

Granita, che passione

Una prelibatezza antica

Granita di mandorle
Granita di mandorle
16 LUG 2014
di

Nel bicchiere viene adagiata con dosata potenza quella miscela di acqua, zucchero e pochi ma ben dosati sapori come quello delle mandorle, del cioccolato, dei limoni.

Non è un gelato e non è un sorbetto, non è dura e non è liquida, come viene purtroppo spesso presentata, è la granita. Prelibatezza antica, a lungo prodotta grazie alla neve che veniva trasportata dalle montagne fino a valle su carri coperti da paglia. Questo connubio di dolcezza e semplicità sono un sollievo nelle torride estati siciliane. Disseta e sazia specialmente se accompagnata da una bella “brioche col tuppo”, un soffice pane dolce dalla forma bombata con una mezza sfera sulla sommità che fa pensare allo chignon tipico delle antiche donne siciliane e che in dialetto viene chiamato “tuppo”.

Le origini di questa perfetta miscela sono antiche. Sin dal Medioevo, in Sicilia, i “nivaroli” durante l’inverno accumulavano la neve in dei pozzi ad alta quota e, in estate, coperta da paglia, la trasportavano in paese su dei carretti. Se anticamente si usava direttamente la neve mista a spremute di agrumi o sciroppi, quello che ha fatto diventare la “granita siciliana” il prodotto che oggi tutti noi conosciamo e amiamo, è sicuramente il “pozzetto”. Un tino di legno in cui veniva posto un cestello di zinco che, avvolto da un sacco di juta contenente la neve e del sale raffreddava il prodotto per sottrazione di calore senza che l’acqua congelasse anche grazie a delle palette che ruotavano al suo interno, creando quegli impalpabili cristalli che differenziano la granita da qualsiasi altro prodotto.

Ormai alla neve e al pozzetto sono stati sostituiti la gelatiera e il mantecatore. Il risultato è però il medesimo, la tecnica di lavorazione e gli ingredienti sono la vera differenza tra i vari gelati e sorbetti che fanno parte di una concezione completamente diversa di grana e compattezza del prodotto. La granita si mostra compatta ma è impalpabile e gustosa allo stesso tempo. Servita a pochi gradi sotto lo zero, appena messa in bocca dona una piacevole e mai esagerata sensazione di freschezza al contrario di un sorbetto.

Appena libera i suoi sapori, si dimostra molto più “rustica” di un gelato, grazie alla forza degli ingredienti. Storicamente grazie al sapore di quei grossi e vividamente gialli limoni che costellano la campagna sicula. Molti sono però i sapori che la caratterizzano e ogni località ne ha uno prediletto. Dal pistacchio di Bronte nel Catanese, alla granita di caffè tipica del messinese, passando poi per i gelsi, il cioccolato, le mandorle e la cannella. Allo stesso tempo, al contrario del gelato, essa ci disseta senza lasciarci quell’allappante sensazione che ci porterebbe a bere non appena finito il nostro cono o, per coloro che non vogliono “sporcarsi le mani”, la coppetta.

Durante il periodo estivo, la granita è la signora indiscussa della dieta isolana, accompagnata dalla tanto amata brioche essa disseta e sazia allo stesso tempo mentre il suo gusto unico e introvabile altrove non potrà che condurvi sui passi degli isolani, che amano degustarla a colazione come a pranzo e nei casi più rari anche a cena, magari accompagnata da un bicchiere di limoncello… ma questa è un’altra storia!